Cessione azienda: 10 consigli pratici per aumentare il valore della società

novembre 10th, 2018

Ecco di seguito un breve elenco di 10 consigli pratici da mettere in atto per aumentare la valorizzazione della società in un’ottica di cessione azienda

1) Squadra. L’imprenditore deve sforzarsi di decentrare i compiti e le decisioni normalmente accentrate su di sé. Una buona squadra, con più di una figura chiave, accresce il valore della società perché riduce il rischio correlato all’accentramento di tutte le conoscenze e decisioni in un’unica persona. La squadra garantisce quindi la continuità aziendale anche in assenza della proprietà.

2) Redditività. La valutazione di un’azienda dipende dalla redditività attuale e futura. Anche se sembra scontato (ma in molte aziende non è così) in occasione della cessione della società ci si deve focalizzare sulla massimizzazione della redditività.

3) Concentrazione clienti. La forte concentrazione della clientela è un problema e per il compratore è veramente rischioso acquistare un’azienda di questo tipo. Quasi sempre quando ci sono clienti fondamentali per l’azienda ci sono rapporti personali pluriennali e non è così scontata la continuità. In questo caso il consiglio è di cercare di contrattualizzare il cliente e ove possibile aumentare la diversificazione.

4) Beni intangibili. Una parte importante del patrimonio dell’azienda è fatto anche da beni intangibili che vanno difesi e tutelati. Per essere chiari il marchio, i brevetti, il know-how possono essere registrati o protetti in varie forme. Sembrano adempimenti meramente burocratici ma non lo sono. Conferiscono valore all’azienda.

5) Capacità produttiva. Il compratore acquista un’azienda per svilupparla per cui la possibilità di aumentare la produzione con i macchinari esistenti non obsoleti o anche tramite accordi con terzisti è un elemento di grande importanza per cui è importante lavorare in tal senso.

6) Nicchie. Cercare di aumentare il posizionamento nelle nicchie con prodotti all’inizio del ciclo di vita o su mercati emergenti (per le PMI è sempre possibile) dove c’è un ridotto scenario competitivo e margini superiori.

7) Risolvere i problemi. A nessun compratore piace entrare in annose questioni lunghe e complicate e delle quali non si conoscono tutti gli antefatti. Per questa ragione è bene cercare di risolvere le principali problematiche quali ad esempio le azioni legali o fiscali pendenti o questioni ambientali.

8) Legare i clienti. Sempre più frequentemente le aziende cercano di legare il cliente per più anni, in questo modo viene attenuata la componente anticiclica (ad esempio con forte ruolo dell’assistenza tecnica pluriennale nella vendita macchinari, con contratti di assistenza o noleggio ecc.) e migliora la costanza delle vendite. Ricavi stabili e prevedibili aumentano il valore dell’azienda

9) Circolante. Attenzione alle voci di circolante ed in particolare al magazzino e ai crediti vs clienti che sono sempre oggetto di discussione e di svalutazione. Oltre a questa tematica l’abbassamento dei valori dei crediti e del magazzino comporta un miglioramento della posizione finanziaria netta (per essere chiari abbiamo soldi in banca anziché nel magazzino) e questo, con vari metodi di valutazione che aggiungono o tolgono dal valore d’azienda la posizione finanziaria netta sono elementi fondamentali per la valutazione.

10) Questioni familiari. Come succede in quasi tutte le PMI, nel caso in azienda ci siano familiari o parenti si devono chiarire in modo ben definito ruoli e funzioni; le retribuzioni poi devono essere a livello di mercato per mansioni equivalenti. Questo va fatto prima dell’ingresso dell’acquirente in modo che non si possano generare malintesi.

Vendita di Aziende Familiari

marzo 29th, 2016

La vendita di aziende familiari,  costituisce la stragrande maggioranza delle operazioni che seguo.

Questo tipo di operazione comporta sempre molte problematiche che esulano dalla semplice trattativa con la controparte. Spesso infatti le dinamiche legate alla famiglia  fanno saltare operazioni di vendita di aziende che sulla carta risultano essere molto interessanti.
Sovente alcuni dei familiari, o coniugi della proprietà, non vogliono vendere (o vogliono vendere a qualcuno di predefinito) queste posizioni forzano e direzionando la mano dell’azionista di maggioranza che deve scendere a compromessi oltre che con la controparte anche con la famiglia. E’ chiaro quindi che vengono messi in moto una serie di ostracismi alla trattativa per cui spesso alla fine  è più difficile raggiungere l’accordo tra il venditore e i suoi familiari che con la controparte.
Non esiste una ricetta per la gestione di queste problematiche che risultano essere diverse per ogni situazione. Di seguito però alcune regole che seguo per facilitare il processo:
1) La maggioranza decide. Vanno sicuramente ascoltate e tutelate le minoranze ma alla fine si deve giungere ad una decisione e, in caso non si raggiunga un accordo tra tutti, la decisione spetta alla maggioranza.
2) Impostare rapporti civili e canali di comunicazione aperti. Nulla da aggiungere, non sempre è cosi!
3) Definire una tempistica. Come ben sappiamo uno dei migliori metodi di ostruzionismo è quello di allungare all’infinito tutte le decisioni per cui, a priori, va definito un calendario da rispettare.
4) I problemi familiari si mantengono all’interno, quando si va in trattativa la linea deve essere unica.
5) Come dico spesso, in presenza di conflitti sulla gestione dell’azienda, il denaro ottenuto dalla vendita ha un valore certo e divisibile, l’azienda no!
6) In queste dinamiche, spesso difficili da gestire per l’imprenditore da un punto di vista personale, avere una figura imparziale come quella dell’advisor può essere di fondamentale aiuto per evitare il conflitto interno e giungere ad  una  mediazione che accontenti tutti.

Per l’imprenditore la società è come un figlio?

gennaio 22nd, 2016

L’aspetto emotivo dell’imprenditore che considera una cessione d’azienda è un fattore non marginale in un processo di vendita  soprattutto nella fase di valutazione e di negoziazione della vendita con la controparte.

Molti imprenditori che hanno creato un’azienda (l’anno vista quindi nascere e crescere) vivono la  vendita come un momento molto delicato in quanto la considerano come un vero e  proprio figlio. L’anno voluta intensamente, hanno dedicato passione, notti bianche  e risorse per vederla crescere.
Pur non volendo entrare nelle logiche dell’educazione, di seguito le mie considerazioni sull’Azienda/figlio che entra in un processo di cessione.
1) L’azienda / figlio, pur essendo molto amata da chi l’ha pensata,  deve essere in grado, proprio come un figlio,  di camminare con le proprie gambe. Deve quindi avere una propria strada e autonomia  anche senza il continuo sostegno del padre/imprenditore. La filosofia della vendita deve essere quella di dare al figlio/azienda una opportunità di sopravvivenza, crescita e sviluppo. Il termine sopravvivenza non è casuale. Molte aziende dove la gestione è stata sempre centralizzata nelle mani dell’imprenditore/padre non sopravvivono in sua assenza.
2) Mantenere il figlio/azienda sempre sotto la propria ala protettiva senza sviluppare un management è spesso freno alla crescita e non valorizza l’azienda.
3) Il valore affettivo è importante ed è stato certamente un valore aggiunto importante per lo sviluppo dell’azienda  ma purtroppo è necessario essere consapevoli che il compratore non lo paga! Questo aspetto va metabolizzato senza prendersela troppo.
4) Nel momento della valutazione il sudore e la fatica spesi nella crescita devono riflettersi nel conto economico, altrimenti è davvero procedere a una quantificazione economica.
5) Questo ultimo punto è per le persone che come me fanno gli advisor. Se il legame affettivo che l’imprenditore mostra verso  l’azienda è molto forte, e questo si capisce quando si entra nella fase di valutazione e quindi il razionale deve predominare, è meglio abbandonare perché il soggetto non è ancora pronto a lasciar partire il proprio figlio e sarà quindi difficile arrivare veramente alla conclusione di una transazione.

Conflitto di interessi dei professionisti con l’imprenditore venditore

aprile 23rd, 2014

Ecco un breve elenco dei professionisti che tipicamente intervengono nelle cessioni di azienda seguito dalle osservazioni sul conflitto di interessi che può riguardare i professionisti coinvolti nel processo :
1) Commercialisti.
a. Se l’imprenditore vende l’azienda verosimilmente perdono il cliente, non sono infrequenti le politiche ostruzionistiche
b. Affrontare una due diligence non è piacevole perché vengono messe in discussione, da parte di professionisti di controparte, tutte le decisioni adottate negli anni. Questa attività può far emergere altri punti di vista che l’imprenditore  fino a quel momento non ha mai considerato non avendo mai messo in dubbio le scelte del proprio commercialista.
c. Spesso sono pagati indipendentemente dalla conclusione dell’operazione e quindi è più conveniente trovare problemi che soluzioni.
2) Avvocati.
a. Più il contratto è complesso e articolato, maggiore è la parcella; la semplicità non è di interesse.
b. Anche loro sono pagati in buona parte indipendentemente dalla sigla del contratto e quindi vale quanto detto per i commercialisti.
3) Advisor.
a. Spesso la modalità di pagamento con forte accento sulla “success fee” puo’ portare a cercare di forzare la mano al venditore in fase finale mettendo poco peso alle clausole accessorie (es. patti di non concorrenza, garanzie, ecc)
b. Vendita servizi accessori. Alcuni advisor sono portati a vendere servizi accessori quali ad esempio il business plan, la pianificazione strategica, riorganizzazione ecc. ecc spacciati come indispensabili alla cessione.
c. Intermediari. Ci sono soprattutto in Italia ancora moltissime realtà che vogliono farsi pagare da ambo le parti. In questo caso il servizio, esclusa la semplice intermediazione, è sempre molto difficile da identificare per mancanza di chiarezza alla base.

Il mio consiglio all’imprenditore è semplice: tenete ben presente il conflitto di interessi e decidete con la vostra testa!!!

Profilo di chi vende l’azienda

dicembre 2nd, 2013

Ecco il profilo tipico dell’imprenditore mio cliente (e che voglio sempre incontrare):
1) Piccolo imprenditore nato negli anni ’40 o negli anni ’30
2) Persona di successo, spesso brillante
3) Scorza dura. Mi portano sempre a pranzo, si mangia sempre bene, loro digeriscono sempre tutto, io un po’ meno…
4) Accentratore e con scarsa capacità di delega anche ai figli
5) Rapporti difficili con internet e le varie applicazioni informatiche
6) Negoziatore tenace, capacità commerciali notevoli
7) Qualche difficoltà con le lingue straniere
8) Profondo conoscitore del proprio servizio o prodotto, è raro che qualcun altro ne sappia di più
9) Rispetta gli accordi, le strette di mano. Negozia sempre ma le intese le rispetta
10) Diffidente. Faccio una tremenda fatica ad entrare in contatto con loro anche se poi spesso entro subito in sintonia.

Invito all’azione: stampate questo post, datelo al cummenda e ditegli di chiamarmi se si identifica in quasi tutti i punti di cui sopra.

Cosa dico a chi non vuole vendere l’azienda

ottobre 31st, 2013

A volte rappresento il compratore di un azienda (chi opera seriamente è sempre da una parte o dall’altra) e mi sorprendo sempre della rigidità che trovo da parte del venditore (in questi periodi poi…)
Quando l’imprenditore non vuole vendere l’azienda, oltre a cercare di fargli capire che i treni passano e non tornano…, fornisco anche alcuni dati impietosi della banca mondiale

Su 185 economie siamo
Classificati al 104 posto nella voce “Ottenimento credito”
Classificati al 160 posto nella voce “Far valere i contratti”
Classificati al 131 posto alla voce “Pagamento Tasse”
Per orgoglio nazionale non cito i nomi delle numerosissime nazioni che ci precedono….
Siccome l’Italia è decisamente uno dei migliori paesi al mondo in cui vivere quello che gli dico è: vendete l’azienda e godetevi, in Italia, la rendita finanziaria che per quella non ci sono problemi burocratici ed è tassata in media solo dal 12,50 al 20% (e qua invece rispetto agli altri paesi siamo ben classificati….), vedi articolo linkato sulle rendite finanziarie nei principali paesi europei

Passaggio generazionale – caso 4) Erede incapace e non volenteroso di continuare

aprile 12th, 2012

In una situazione di passaggio generazionale possono verificarsi diverse fattispecie a seconda delle caratteristiche del figlio a cui il padre vorrebbe lasciare l’azienda. il caso 4, quello in cui l’erede non ha ne la capacità ne la volontà di continuare  è abbastanza semplice, in quanto è chiaro che il passaggio generazionale non costituisce una soluzione di continuità. Non dovrebbe quindi esserci il passaggio generazionale (l’imprenditore dovrebbe assolutamente capirlo!!!).
La valutazione spetta al fondatore che deve decidere se portarsi l’azienda nella tomba o valutare altre soluzioni.
Ecco i miei suggerimenti:
1) Vendere e chiamatemi
2) Organizzare l’azienda in modo tale che sia gestita da manager. L’imprenditore si ritaglia un ruolo da azionista sempre meno operativo. All’erede spetterà il compito di decidere se tenere un’azienda con manager o venderla.
3) Inserire in azienda nuovi soci che possono anticipare una liquidazione (es. socio che acquisto quote) o rendere più solida la società (es. socio in aumento capitale con opzione però di futura vendita).